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Sunday, October 26, 2014

Starbucks, il caffe' e i cambiamenti climatici

"Addressing Climate Change is a priority for Starbucks"

 
Piante di caffe' danneggiate dagli insetti in Guatemala.
Il coffee borel beetle e' nativo dell'Angola ed ora in tutti i paesi produttori di caffe.

Coffee bean rust - parassita delle piante del caffe, 
nota in America Centrale come "la roya"













"If things continue like this, maybe 50 years from now, we’ll all be tea drinkers" 

 

"Addressing climate change is a priority for Starbucks. 
We believe now is the time to increase our investments
 in solutions and strategies that address this crisis."



Ogni giorno nel mondo si bevono 2 miliardi di tazze di caffe. Un giro d'affari di oltre 170 miliardi di dollari l'anno, su cui la catena americana Starbucks ha creato un impero. La catena di Seattle non possiede piantagioni, ma compra il caffe' direttamente dai produttori in Centro America o in Africa. Il timore maggiore di Starbucks? I cambiamenti climatici, che stanno stravolgendo raccolti, qualita' del caffe' e mettendo in ginocchio gli agricoltori.

Aggiungono che e' dal 2004 che si adoperano per efficenza energetica, per l'uso di rinnovabili, per la conservazione delle foreste e per spronare la politica verso soluzioni durature e significative. Ma non e' cosi' semplice e non e' solo Starbucks che e' preoccupata. E' proprio tutta l'industria del caffe', pianta fragile e delicata, che e' stata sconvolta dai cambiamenti climatici nel giro di poco tempo.

Il professor Tim Schilling e' il direttore esecutivo del World Coffee Research presso l'Universita' A&M del Texas che conferma: il clima cambia, le montagne dove tradizionalmente cresce il caffe' diventano sempre meno ospitali per le piantagioni, e malattie, siccita' o pioggie torrenziali fuori stagione peggiorano le cose. Il tutto e' confermato da Mauricio Galindo capo della International Coffee Organisation che conferma: "Climate change is the biggest threat to the industry".

Anche l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) conclude che ci sara' una decrescita della superficie terrestre dove cresce il caffe in tutti i paesi produttori. In particolar modo, se va avanti cosi, la superficie adatta a coltivare caffe' in Brasile potrebbe calare di ben due terzi. Gia' nel 2014 a causa delle forti siccita' il raccolto in Brasile e' calato del 20% ed i prezzi raddoppiati. In India i raccolti sono calati del 30% nel dieci anni fra il 2002 al 2011. In totale, nell'annata 2013-2014 la produzione mondiale di caffe' e diminuita del 40% rispetto al 2011-2012.

"The only way you can make sense of it is through climate change" dice Galindo. Di conseguenza i prezzi dell'Arabica, la varieta' piu' comune, sono aumentati dell'80% in un anno. Per i ricchi occidentali si trattera' di prezzi piu elevati che forse la maggior parte di noi puo' anche permettersi, ma le popolazioni rurali il cui sostentamento arriva dalle piante di caffe, in Guatemala o in Nicaragua cosa faranno?

Il Brasile, il Vietnam, l'Indonesia, la Colombia sono paesi produttori importanti che probabilmente avranno le risorse per adattarsi o per spostare le piantagioni piu in alto, ma altre nazioni come il Laos, il Peru, il Burundi e il Rwanda potrebbero non farcela. In Uganda o in Ethiopia, piu' in alto di dove sono adesso le piantagioni di caffe' non si puo’ andare - non ci sono altitudini maggiori.

Cosa succede al caffe' con l'aumentare della temperatura? A 23 gradi il metabolismo delle piante accellera, ci sono meno sostanze chimiche che danno l'aroma tipico del caffe e le piante perdono spontaneamente i propri frutti. Per di piu' gli attacchi delle pesti e dei funghi diventano piu' feroci. Due sono i nemici delle piante del caffe': la coffee berry borer, insetto predatore e il coffee rust, un parassita chiamato anche "la roya".

Il coffee berry borer era sconosciuto fino al 2000 in paesi come l' Ethopia, l'Uganda, il Burundi e il Rwanda, visto che il suo habitat era ad altitudini piu' basse. Grazie ai cambiamenti climatici questi insetti hanno trovato modo di sopravvivere anche ad altitudini maggiori, incluso nelle piantagioni di caffe. Il tasso riproduttivo del coffee berry borer cambia con la temperatura: adesso e' di cinque volte l'anno, ma potrebbe aumentare. Il pesticida usato per estirparli e' chiamato Endosulfan, vietato nel 2011 per la sua tossicita'. Ecco allora che a distanza di 15 anni i coffee berry borer sono diventati onnipresenti in paesi dove prima non c'erano. Causano danni per circa 500 milioni di dollari l’anno.

In El Salvador "la roya" affligge circa il 75% delle piante. In Costa Rica, il 60%, in Guatemala il 70%. Intere famiglie vedono i loro ricavati scomparire. Ovviamente tutto questo si accompagna ad una montagna di problemi sociali essendo tutta l'economia locale basata sul caffe: prestiti, occupazione, indotto, speranza di mobilita' sociale. Essendo i coltivatori spesso piccoli produttori in paesi in via di sviluppo e non parte di grandi multinazionali, e' evidente che anche non riescono ad assobire cosi grandi perdite in cosi poco tempo.

Ci sono circa cento piante di caffe' nel mondo, ma solo due sono quelle che usiamo per le nostre bevande: l'Arabica e la Robusta. L'Arabica e' la varieta' piu' sofisiticata, la Robusta - con piu caffeina e meno raffinata - e' quella usata nel caffe' istantaneo e che tende ad essere piu' resistente a fluttuazioni del clima.

Nessuno sa quale sara' la soluzione al tutto. Da un lato si cerca di sviluppare nuovi ibridi di piante di caffe' usando le altre novantotto varieta', dall'altro si pensa all'uso dell'ingegneria genetica. L'idea e' che il caffe' possa sviluppare da se tossine contro le pesti ma ci vogliono soldi ed investimenti e ovviamente, nessuno vuole bere caffe' geneticamente modificato.

Vari produttori di caffe' mondiali hanno creato una Coffee Farmer Resilience Fund che ha donato circa 23 milioni di dollari ai coltivatori in difficolta'. Starbucks ha anche messo su "Hacienda Alsacia" in Costa Rica, una piantagione sperimentale di sola ricerca, dove usando solo tecniche tradizionali si sta cercando di sviluppare nuovi tipi di semi di Arabica da essere distributiti gratuitamente a tutti gli agricoltori nella speranza che i raccolti conservino la stessa qualita' ma che le piante possano sopravvivere meglio a pesti e pioggie.

Tutti gli esperti pero' concordano: anche se si riuscisse a trovare una qualche varieta' di Arabica che possa essere compatibile con i cambiamenti climatici, ci vorranno almeno 25 o 30 anni perche' queste possano essere commercializzate e giungere ai coltivatori.

Nel frattempo, che fare?









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